
Nella storia del giornalismo italiano non si è mai verificato che ben sedici, dico sedici, scriba fossero mobilitati per seguire il “licenziamento” del sindaco di Roma. Questo primato che, pensiamo, reggerà a lungo, l’ha conquistato Repubblica il cui direttore ha mandato sul luogo, come si diceva una volta, le migliori firme del quotidiano, la crema. Editorialisti e prime firme, da Stefano Folli a Francesco Merlo, Filippo Ceccarelli, Bonini, l’immancabile Giovanna Vitale, la cronista che dell’ex sindaco sa tutto e quando non lo sa, fa lo stesso, racconta il non lo sa.
Nove pagine nazionali, sette locali, sedici giornalisti all’assalto dell’ex sindaco
Ben sei titoli in prima pagina, articoli che riempiono ben nove pagine nazionali più sette pagine di cronaca, ripetiamo sedici giornalisti impegnati. Ci fosse un articolo in cui si ricorda una cosa buona fatta da Ignazio Marino. Niente. Offese a piene mani, bugiardo, mezze bugie e mezze dimissioni, il titolo più benevolo. Si può leggere: “Marino si è fatto cacciare senza neppure la grandezza del bugiardo tutto intero, ma con la meschinità del finto fesso”. Tiene una conferenza stampa, acqua fresca, che interessa allo scriba, non diciamo condividere quello che l’ex sindaco ha detto, sarebbe troppo. Interessa invece definire la stessa conferenza “strampalata, narcisista e vanitosa, vissuta come un’implosione dell’anima e celebrata in quella sala della protomoteca che spesso è adibita a camera ardente”. L’ex mezzo sindaco ha chiuso la sua era. Speriamo che Marino non sia superstizioso, altrimenti faccia gli scongiuri a fronte di un uccellaccio del malaugurio. Lasciamo perdere, la prosa del nostro è troppo sofisticata, l’implosione dell’anima non vuol dire niente ma suona bene. Sempre a proposito della conferenza stampa, l’ex sindaco ha ricordato quello che la sua amministrazione ha fatto.
Bilanci del Comune e dell’ Atac per tornare a investire. La chiusura di Malagrotta
Tre ne vogliamo sottolineare: ripianare un bilancio lasciato da Alemanno con un deficit di 860 milioni o giù di lì, ripianare il bilancio dell’Atac, deficit simile, chiudere Malagrotta, il monnezzaio gestito da Cerroni non si ricorda neppure più da quanti anni e lo stesso ha già fatto sapere che è pronto a riattivare la discarica. Si dà il caso che se non hai i bilanci in regola, non hai soldi, non puoi neppure comprare un bus, fare manutenzione alle linee della metro, comunque riesci ad aprire la linea C. Già, ma le buche? La grande campagna lanciata da Marchini è stata il leit motiv contro Marino. Certo, insieme alla pulizia della città è la prima cosa di cui il cittadino si accorge. Bene, ma al cittadino i giornaloni hanno fatto conoscere quanto costa ricoprire una buca, le buche in una città che ha tre milioni di abitanti, e tu devi ricoprire spaventosi deficit lasciati da altri, Alemanno in primo luogo? Oppure, se ritieni che quello che in conferenza stampa ha detto Marino sia una bugia abbi il coraggio di dirlo. Esilarante quanto scrive Stefano Folli a proposito della mancata convocazione del Consiglio comunale. Ne addebita la responsabilità a Marino. “Il primo ad evitare l’Aula consiliare – scrive – è stato proprio lui, nelle lunghissime settimane della crisi ne avrebbe avuto tutte le opportunità”. Non lo ha fatto per “gettare fango sul Pd”. Ma il Folli che pratica l’alta politica, conosce la procedura per convocare il Consiglio?
Non è l’ex sindaco il responsabile della mancata convocazione del Consiglio
Marino fin dal primo momento, vedi la prima manifestazione al Campidoglio, ha chiesto che si aprisse un dibattito pubblico. Ma non ha avuto risposte. Singolare che anche alcuni assessori oltre al commissario Orfini addebitano a Marino la responsabilità della mancata convocazione. Dicono che a conclusione della cena a casa del vicesindaco Causi era stato raggiunto un accordo. Ognuno rimaneva sulle proprie posizioni ma si andava al confronto in Campidoglio. Dice l’Orfini: ma Marino ha annunciato che ritirava le dimissioni e quindi la situazione è cambiata. I giornaloni impegnati a lapidare Marino possono credere a questa favola. In realtà, ha ritirato le dimissioni dopo la notizia che Renzi aveva ordinato ai consiglieri di dimettersi. Come dire, confrontiamoci ma sappi che io ti sparo, se non è prima è subito dopo. Finiamo con una annotazione sulla visita dell’ex sindaco a Filadelfia. Tutti i tg ricordano che ha raccontato una bugia avendo detto che era stato invitato dal papa. Non è vero, ha più volte puntualizzato che era stato invitato dal sindaco della città americana che era stato ospite del Campidoglio e dal vescovo. Vogliamo dire che Marino non ha commesso errori? Certo che no.
Offese alla persona sono altra cosa da critiche anche forti comprovate da fatti
Ma linciaggi, lapidazioni, derisioni, offese alla persona, un bugiardo sempre e comunque sono altra cosa da una critica, anche forte, dura, ma comprovata da fatti. Infine, sarà bene ricordare che una amministrazione comunale non è fatta solo dal sindaco, c’è una giunta, c’è un consiglio comunale. I consiglieri del Pd che devono la loro carica al fatto che l’ex sindaco vinse le elezioni, ora dimissionati, hanno niente da rimproverarsi? Quale contributo hanno dato all’amministrazione Marino?
Le responsabilità dei consiglieri Pd, alleati di fatto con quelli di Marchini e Fitto
Una cosa è certa. Sapevano bene che le loro dimissioni non erano sufficienti per mandare a casa sindaco, Giunta e Consiglio. Che ci volevano altri voti. Forse sapevano, ma hanno fatto finta di niente, che il loro segretario e premier, Renzi Matteo, aveva telefonato a Marchini, lo scrivono, non smentiti alcuni giornali per convincerlo a dare i due voti della Lista che porta il suo nome, cui qualcun altro si era preoccupato di andare alla cerca, come una volta facevano i frati, per arrivare a quota venticinque. E che la questua aveva avuto successo raccattando due personaggi che fanno capo a Raffaele Fitto. È per realizzare l’inciucio Renzi-Marchini che il popolo del Pd li aveva votati? È questo il rinnovamento del Pd cui doveva porre mano il commissario e presidente Orfini Matteo? È questo il risultato del “report” realizzato da Fabrizio Barca sullo stato del Pd? Già che ci siamo, ancora telefonate di Renzi, lo ha detto lui stesso, al prefetto Roma, Gabrielli e a quello di Milano, Francesco Paolo Tronca, perché assuma l’incarico di commissario del Comune di Roma, cosa evidentemente non improvvisata ma costruita in questi giorni. Orfini ne sapeva qualcosa? O faceva finta di niente quando a Otto e ½ tergiversava su domande di Gruber e Damilano? I consiglieri erano al corrente?
Repubblica: via la sigla di partito. Un bel listone civico del nome della nazione
Torniamo a Repubblica. Scrive Folli nell’editoriale che per mettersi in competizione con i “Cinque Stelle” l’unica strada possibile “è l’abbandono delle sigle partitiche. Il candidato renziano dovrebbe porsi alla testa di una lista di convergenza civica in cui sono fuse le vecchie sigle del centrosinistra al termine di un sentiero purificatore capace di eliminare tutti i maneggioni e i profittatori della politica. Forse non è ancora troppo tardi”. Ci ha pensato anche Marchini. Fortunatamente per Marino non è più sindaco, altrimenti gli sarebbe stata addebitata anche la responsabilità di un eventuale, possibile inciucio. Pensate quante pagine potrebbe riempire Repubblica se gli ex consiglieri Pd si trovassero a dover mendicare un posto in una civica marchin-renziana. Oppure in una civica magistrat-renziana. Sempre nel nome della nazione. A pensar male, si dice, si fa peccato, ma talvolta…
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